Un altro 1-0, il quarto consecutivo, e proprio a San Pietroburgo, la città dalla quale l’incrociatore Aurora sparò i colpi di cannone che sconvolsero l’alba del Novecento: e non solo l’alba. Gol di Kulusevski, di testa, su cross di De Sciglio, da sinistra, smarcato da Bonucci, da destra. La celeberrima ampiezza. Vedi alla voce Kean versus Roma.
Chi di catenaccio ferisce… Ha giocato, lo Zenit di Semak come, di solito, gioca la Juventus di Allegri contro le grandi: rannicchiato, con due tralicci – uno dietro (Lovren), uno davanti (Dzyuba) – e uno stormo di brasiliani a presidiare le grondaie. Il 4-3-3 di Madama, ammesso che tale fosse: non ci giurerei, chiedeva a McKennie sortite improvvise, a Morata e Chiesa di stare un po’ vicini e un po’ no. Le fasce, ecco, avrebbero potuto allargare i guardiani del tempio, ma i ritmi erano lessi e di passaggi filtranti o di dribbling, in quel gran marasma, manco l’ombra. Neppure da parte di Church. Prendetela per una battuta (ma non lo è): ho pensato ai coriandoli di Dybala.
Messaggio ambiguo, gli errori di Bonucci, di Bentancur, di Alex Sandro. Non si può dire che la Juventus non abbia attaccato. Al tiro, però, non liberava nessuno: non che fosse facile, per carità , ma il divario tecnico avrebbe dovuto accendere almeno qualche falò. E così, come può capitare, le uniche parate le faceva Szczesny, su lecca di Claudinho e zuccata di Chystiakov.
Palle-gol? Due, una di McKennie, sventata dal portiere, su filtrante di Morata; e una di Cuadrado, in spaccata, su tocco di Arthur. Ecco qua la chiave: i cambi. Cuadrado, Arthur (decisamente), Kulusevski. Lo Zenit, che già aveva creato problemi al Chelsea (e a Londra, per giunta), stava prendendo campo, Allegri doveva aver notato gambe stanche e teste logore. Il gioco, uhm. Bruttarello. Ma il possesso palla, sì, tenetevi forte: 58% a 42%. E senza gli ultimi minuti, chissà che picchi avrebbe lucidato. Nove punti su nove, ottavi in pugno. I risultatisti gongolano, gli esteti fingono fastidio.
Se in riva alla Neva si è giocato a scacchi, che partita a Old Trafford. Bellissima. Per un tempo, Dea divina: gol di Pasalic, su azione Ilicic-Zappacosta, specialità della casa; raddoppio di Demiral – di capoccia, su corner, schiaffo ai maestri – e un calcio da romanzo. Nel secondo, United a tutto gas. Come in Russia, decisive le panchine. A Gasp ne mancavano già un sacco: specialmente in difesa. Il k.o. di Demiral è stato un segnale del destino. Rashford, Maguire, pali, mischie, e dopo che Zapata e Malinovskyi avevano sfiorato l’1-3, ecco il 3-2 di Cristiano. Ne aveva sbagliati due («sfiorati», nel suo caso, sarebbe un’offesa), «stacco matto» e topi d’archivio al lavoro per fissare l’ennesimo record. Gruppo incasinatissimo, con l’Atalanta in piena corsa. Sconfitte così fanno pensare, mai disperare.
Chiesa comunque sia a San Pietroburgo che a Roma non è che abbia giocato granché. Se entra oggi deve spaccare il mondo.
Lo terrà per l’ultima mezz’ora. Fresco contro i legnosi centrali dell’Inter…
la $Finter appunto ha avuto culo sul gol, polli e sfigati noi, poi però è venuto fuori che non siamo squadra ma accozzaglia messa lì a caso dal Minestra
adesso vediamo i cambi mah
È cotto?
Ma perché Chiesa non gioca?
Occorre cambiare registro e giocare con cattiveria e lucidità , sicuramente non con questa sufficienza.
Ovvio che non essendo in grado di fare gioco, mettere assieme 4 passaggi consecutivi è difficoltoso.
Secondo me Inter superiore abbastanza evidentemente in questo primo tempo, merita il vantaggio, noi apparte gestire la palla e farla girare in modo modesto non siamo mai stati pericolosi. Il loro gol è arrivato in modo fortunato, ma per nulla casuale e avrebbero potuto fare il 2 a 0.
Magari Chiesa avrebbe tirato almeno verso la porta
Dai grullo bischero Ric, raccontaci la Juve del corto muso.