E’ la seconda volta che Brahim Diaz segna un gol così. Con la Juventus, con il Monza. Recupera palla a metà campo e parte in tromba. In base agli schemi dovrebbe passarla ai colleghi della scorta. Invece no. Dritto come un fuso, fila in porta e, da terra, morde di sinistro. Ma allora non è proibito? Ventitré anni, è cresciuto fra i banchi del Manchester City e del Real Madrid, beato lui: libero di osare, lontano dagli estremi del calcio «semplisce» e del calcio «scienza». Il raddoppio, in compenso, è più ortodosso, suggerito com’è da Origi, anche se il controllo e la girata di destro sono da applausi, sempre.
Il Milan di Pioli si mangia, dunque, anche il Monza della premiata forneria Berlusconi. E non crediate che sia stato un amarcord fra il romantico e il romanzesco. Sensi, Pessina e Carlos Augusto ci hanno provato, eccome. Tatarusanu è stato all’altezza. Partita gradevole, per ritmo e idee. I campioni a domarla, gli sfidanti a rovesciarla. Le rotazioni in chiave Champions hanno coinvolto persino Leao, che del Diavolo è il forcone e il mantello. Ma la classe è classe, nasconde le distanze tra i reparti, smussa gli spigoli della immanente Zagabria, trascina il popolo. La sassata di Origi, la punizione-wow di Ranocchia, scuola Juventus, e il contropiede della ditta Theo-Leao fissano un 4-1 che, onestamente, sa più di giocate che di «giuoco».
Al Franchi, come sulla ruota di Barcellona, esce di tutto. L’Inter va via sul velluto. Pressing e pugnali: gol di Barella su assist di Lautaro, dribbling e gol di Lautaro dopo lancio di Mkhitaryan. Il tutto, in un quarto d’ora. Fatali gli errori in uscita. La Viola avanza a ragnatela (di passaggi); gli avversari arretrano, sazi. Improvviso, al 33’, il rigore. Entrataccia di Dimarco (da rosso, nemmeno un giallo!) su Bonaventura, incuneatosi a centro area. Il Var richiama un distratto Valeri: non così. Cabral, che aveva rimpiazzato Nico Gonzalez, trasforma. La sfida s’impenna. Rissette, assemblee tumultuose.
Italiano è una vetrina di lavagne, difesa sempre alta, anche nei momenti in cui non sarebbe reato cautelarsi un po’. Inzaghi, viceversa, si cautela anche quando, magari, con un colpetto di acceleratore potrebbe liquidare la pratica. Morale della favola: Ikoné pareggia su «ribaltone» di un Kouamé in gran spolvero. Incidono i cambi, tanto per cambiare: Dzeko imbecca Martinez per il rigore, netto, del 2-3. Quindi, mischie di qua, mischie di là , sino al 3-3 di Jovic, bello, al 90′. Era entrato pure il serbo, anche se nessuno se ne era accorto. Poi, al 95’, da un tiratina di Dzeko a Milenkovic a metà campo nasce il contropiede di Barella (ripeto: il contropiede). Barella scorge Mkhitaryan, che pizzica, di carambola, il disperato rinvio (laterale) di Venuti, non nuovo a harakiri del genere: 3-4. Inzaghino aveva sostituito Lau-Toro con Bellanova. Il migliore in campo con un terzino. E ha vinto lo stesso. La Fiorentina ha inseguito a lungo un pareggio che, tutto sommato, avrebbe meritato. Per il cuore, per gli aggiustamenti tattici. Non, però, per la disinvoltura delle sue sentinelle. Il peggiore? L’arbitro.
Tralascio il commento scontato che se ieri sera a Firenze ci fosse stata la Juve oggi ci sarebbe lo stato marziale per sedare i tumulti di piazza e media, ma stupisce come la parte oggettivamente danneggiata, che in questo caso sono i friarelli ed il Milan, reagisca in maniera soft, pur disponendo a livello mediatico e politico di una diffusa rappresentanza.
e come giustamente fai notare, l’episodio è valutato con tutta la calma e non viene neanche ammonito…
Giovanni
aggiungi anche il mancato rosso a di marco
Ma il furto con scasso, specialità della casa, l’ennesimo perpetrò all Franchi non è in discussione.
La domanda è: PERCHÉ?
Quali “santi” proteggono questa società ?
Cosa c’è dietro?
Il 4-3 indaista e’ al tempo stesso irregolare e grottesco: irregolare perché l’arbitro non sanziona l’evidente fallo di Dzeko su Milenkovic dal quale si origina l’azione del goal, grottesco perché Venuti che arriva in anticipo sul cross di Lautaro effettua una sciagurata ribattuta direttamente sui piedi di Mkhitaryan …il furto indaista, come detto, non si limita al mancato fischio sul fallo di Dzeko: in occasione del rigore per la finocchiona doveva essere espulso Di Marco, neanche ammonito…e sì che lo sciagurato Valeri ha avuto modo di vederla con calma allo schermo VAR quell’azione…
Italiano non è un cialtrone che pensa che il compito di un allenatore sia dare la palla a lebron james.
Italiano pensa che se quello fosse il compito di un allenatore,il mestiere lo potrebbe fare chiunque e lui non ruba i soldi che guadagna.
Il patentino andrebbe stracciato a cialtroni che dicono che zakaria può giocare centrale perché ha le gambe lunghe,che kostic deve imparare a fare il terzino così i cross gli sbattono sulle gambe o che ciò che succede nella metà campo altrui non interessa.
Il patentino andrebbe stracciato ad allenatori secondo i quali quando ti fai umiliare dalla derelitta Samp a Marassi la copa e’di miretti perché stoppa la palla all’indietro.
Sono vermi simili a cui andrebbe strappato il cartellino non a chi vuole vincere divertendo chi paga il biglietto.
Ricky one, pensa al cialtrone rubastipendio E non ti occupare della gente che lavora Cosa che a te e l’infame cialtrone risulta, tutt’ora, un mistero irrisolto Grazie
Italiano fa giocare un calcio divertente ad una squadra con giocatori mediocri che solo per un arbitraggio sciagurato non ha raggiunto un risultato diverso dalla sconfitta.
Italiano sarebbe da revoca immediata del patentino di allenatore.
Come mai inda così sfacciatamente protetta e favorita anche nell’era delle mille telecamere in campo?
Qualcuno può avanzare una spiegazione?
Per me è evidente che c’è qualcosa sotto, ma cosa?
Mi interessano le opinioni di tutti.
Primario, lei ha una spiegazione?
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Scritto da Luca L. il 23 ottobre 2022 alle ore 06:41
Leggo l’indignazione di alcuni shitsons sul fatto che la Viola sul 2-2 o 3-3 che fosse abbia preso gol in contropiede.beh succede a chi le partite le vuole vincere perché vincere è l’unica cosa che conta non può essere solo una frase rubata ad un coach americano degli anni ‘60 ma va anche dimostrata sul campo.