Rien ne va «Mou». Perdere così ti fa rimpiangere di non essere morto prima, magari già nei quarti o giù di lì. Fa troppo male, un male che conosco, lasciarsi sfuggire una finale che non finiva mai, cominciata un mercoledì di maggio e terminata un giovedí di giugno, dopo 147 minuti di lotta dura, sporca e cattiva. Dopo «due giorni» di bolge e di crampi, di passioni e di pulsioni.
Va, dunque, al Siviglia quella Europa League che la Roma e il suo stregone volevano abbinare alla Conference di Tirana. Prima che molti, da Matic a Fernando, crollassero esausti, i duellanti se le erano date di santa ragione, ciascuno seguendo il proprio stile, la propria indole. La Lupa, subito in sella alla gioia di Dybala, bel gol (su lancio filtrante di Mancini, uno che quando non fa il matto è pure bravo, e non solo utile); poi vigile e compatta almeno per una quarantina di minuti. Il Siviglia è la classica zitella che ti trapana di palleggi, nella speranza che tu possa distrarti per poi fartelo pesare. Ma se non ti distrai, patisce.
Una partita selvaggia. Non formidabile e, quindi, non memorabile. Ma, per i popoli coinvolti, di un pathos che celebreranno e malediranno in eterno. Ha vinto, ai rigori, lo José meno nobile, José Luis Mendilibar. L’artigiano, non lo sciamano. Il palo di Rakitic, l’autorete di Mancini e, sparse qua, e là le occasioni di Spinazzola (in avvio), Ibanez (in mischia), Belotti e, alla fine della fine, la traversa di Smalling, il Tarzan di Budapest, raccontano di un’ordalia a lungo indecisa se premiare il possesso barocco degli spagnoli o le vampate improvvise di avversari meno narcisi.
Il serbatoio dell’Omarino aveva benzina per un’oretta. Si sapeva. Che delicati arpeggi, però. Il risultato, in compenso, è il mantello del diavolo che copre tutto, e fa sembrare persino patetico il richiamo all’onore e alla resilienza degli sconfitti. Come contro la Juventus, sono stati Suso e Lamela ad agitare gli andalusi, presi per mano da Rakitic e Fernando. Le squadre del Vate le conosciamo: alla tazzina di té sorbita con il mignolo all’insù prediligono il caffè che sbrodola ma tonifica, al diavolo i salamelecchi e le milonghe.
Se En-Nesyri, il centravanti pertica, è stato il peggiore, l’altro marocchino, Bounou, è stato il migliore. Già durante il rodeo, ma poi soprattutto al tie-break dei penalty. Del Siviglia, tutti a segno: Ocampos, Lamela, Rakitic e Montiel, quest’ultimo al secondo tentativo, dopo che il Var aveva colto Rui Patricio in divieto di anticipo. Della Roma, solo Cristante. Non Mancini, murato di piede, e nemmeno Ibanez (palo). Non ne aveva più, di specialisti, Mou. Dybala, Abraham, Pellegrini, Matic: tutti fuori, chi infortunato e chi stremato.
E’ probabile che il grande seduttore tolga il disturbo. Non regge più di due stagioni, ormai: soprattutto se i padroni non ne assecondano il guardaroba. Ha molto criticato l’arbitro, naturalmente. Il «povero» Taylor. Un rigore (su Ocampos) concesso e poi tolto su dritta del collega al video; un braccio di Fernando che i mani-comi europei, meno sensibili dei nostri, non hanno manco preso in considerazione. Più un fracco di gialli, alcuni pregnanti e altri vaganti. Gli avessero offerto un po’ di ristoro, allenatori e giocatori. Col cavolo: si aspettava caschi blu, ha trovato terroristi. E non è che Mou si sia tirato indietro.
Per il Siviglia, è la settima Europa League. La terza ai rigori. Record dei record. Per la Roma, un grande viaggio e un grande sogno spezzati sul più bello, quando il dolore del nulla schiaccia l’orgoglio del quasi tutto. Per l’Italia, l’ennesima porta in faccia. Non vinciamo sto’ benedetto trofeo, con il Parma, dal 1999. Si chiamava ancora Coppa Uefa. C’era ancora la lira e Ferenc Puskas non era ancora uno stadio.
Insomma, la mediocrità dell’uomo è pari a quella del professionista.
Questo incapace ha rovinato una Juventus che già aveva i suoi bei problemi. L’ha affossata ancora di più. Quindi ricapitoliamo: si tratta di un cialtrone perché non ha voglia di lavorare, di conseguenza sta di fatto rubando lo stipendio dal suo primo giorno di insediamento. Poi è un pagliaccio, per le cose che dice e per come le dice. Infine, non ha nemmeno un briciolo di dignità, neppure un sussulto.
Dai che torna dai che torna.
« Non ho nulla di cui rimproverarmi »
Non avevamo dubbi: l’autoassoluzione continua é uno degli strumenti preferiti dai mediocri e dagli arroganti.
Conclusa l’ultima conferenza stampa alla Juve del cialtronazzo. Ancora una partita per portarsi a 19 sconfitte stagionali che gli consentiranno di battere il record di maggior sconfitte stagionali degli ultimi 50 anni ma non di superare quello assoluto del 1961 (allora furono 21 e con meno partite per dovere di cronaca)
Il camerata Gasparri, o meglio il suo portavoce…un mononeurone con la mononucleosi.
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Il senatore Maurizio #Gasparri attacca l’#Uefa: “Vergognosa e arrogante, non si occupa dell’arbitro e se la prende con le vittime”
Il camerata Rampelli…
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Il vicepresidente della #Camera #Rampelli chiede l’intervento dell’#Uefa: “L’indagine sia sull’arbitraggio di #Taylor, è stato più offensivo degli insulti ricevuti”
Scritto da Superciuk il 3 giugno 2023 alle ore 10:10
credo lo abbiano gia’ venduto ad un Fondo americano
Il prossimo proprietario del Bari sarà probabilmente il giardiniere di casa DeLa…
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Oggi alle 16 grande finale di FA Cup tra City e United , un super derby che però si disputerà a Londra a Wembley…gli indaisti si apprestano a vivere questo match con spirito olimpico e grande nobiltà d’animo: segnalate più iniziative , delle quali si è fatto coordinatore De pasquale a stento rimessosi dal rovescio dell’amato”Mou-bollito” , per riti voodo in cui saranno sacrificati, e per una volta non immediatamente e golosamente trangugiati, migliaia di pipistrelli affinché si infortunino contemporaneamente De Bruyne, Haland e Bernardo Silva…
Si sa già, vero, a chi venderà la Bari il prossimo anno de lamentis, se, come probabile, saranno promossi in serie A?