Il fuoco di sant’Antonio

Roberto Beccantini1 March 2025Pubblicato in Per sport

Tel chì il Billing, classico menù da 10 euro. E’ lui, nigeriano di sangue e danese di scelta, a firmare il più stragiusto degli 1-1. Philip Billing, entrato in corso d’opera e imbeccato da Lobotka, con Okafor e Ngonge, le giugulari di riserva del Conte Dracula. Era l’87’, e l’Inter stava vincendo dal 22’, grazie a una punizione, splendida, di Dimarco: proprio là, nella porta che – contro Madama – Diego deflorò con il suo infinito mancino.

Dopodiché, l’ordalia si è come sparata a una tempia. Il fuoco di sant’Antonio ha spinto ‘o Napule all’arrembaggio, andasse come andasse. I campioni di Inzaghino si sono piano piano ritirati dalle parti di Martinez. D’accordo, gli infortuni di Calha, di Dimarco, lo smalto grigio di Thuram, l’assenza di alternative tra gli esterni. Per questo, ma non solo per questo, un gran casino tattico: a quattro, a cinque, Dumfries dove?

C’era una volta Kvara. E non c’erano Anguissa e Neres. Però che grinta, che cuore, che gambe. Che Lobotka. E che Lukaku. Non è da tutti costringere la capolista al catenaccio, come nella ripresa. Bastoni, su Lukaku e Politano, ha «parato» non meno di Martinez. Per tacere di Dumfries su Ngonge. Mi ha colpito, nei risvolti della trama interista, la penuria di contropiedi. E questo, non esclusivamente dopo l’ingresso di Correa. Sembravano tarantolati, i napoletani; e gli avversari, dal casto Lautaro a Barella, incatenati ai guanti del portiere, allo scudo di Acerbi e, in generale, a un bloque bajo di novecentesco amarcord.

Non credo che lo 0-0 dell’Atalanta abbia condizionato la sfida. C’è chi non ha coppe e chi sì, e questo era uno snodo scudetto. E allora, gattopardescamente: cambiare tutto per non cambiare niente. Mancano undici giornate. Favorita, in barba agli ingorghi dell’agenda, rimane l’Inter. Dimeticavo: tackle ispidi, speroni bollenti, zero ammoniti. All’inglese. E honi soit qui mal y pense.

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