Sembrava fatta. D’accordo, non proprio uno 0-2 placido come il Don del romanzo di Šolochov, viste le paratissime di Sommer su Bonny and Man, ma la rete di Darmian, già decisivo a Venezia, e il gollonzo di Thuram – con sospetti di mani-comio spazzati dal Var – avrebbero dovuto costituire una sentenza, non un indizio. Povero Parma, mormorava il Tardini, avvilito: anche alla luce degli sprechi del rientrante Lautaro.
Invece. Ancora una volta i cambi hanno premiato gli avversari e frenato i campioni. L’ex Chivu ha rivoltato l’assetto: dentro Leoni, Bernabé, Pellegrino. E, strada facendo, persino Ondrejka. Squalificato Inzaghino, toccava a Farris: fuori Bastoni, contuso, poi Dimarco e sull’1-2, per turnover, addirittura Calhanoglu e il Toro. Morale: sinistro filante di Bernabé, dal limite; rasoiata di Ondrejka, deviata da Acerbi e Darmian, a parziale risarcimento del destino.
Correa, Frattesi, Zalewski e l’ultimo arrivato, Arnautovic, non riuscivano a medicare quel ventello di nulla – e, soprattutto, l’uno-due in nove minuti, dal 60’ al 69’ – per quanto il Parma si fosse ritirato nei suoi appartamenti. Non solo: in contropiede, al 91’, era Pellegrino, classe 2001, centravanti di ante e di garra, a mangiarsi il 3-2.
In vista di Bologna-Napoli, lunedì, e del Bayern decimato di Champions, martedì, i nodi del calendario intasato esigono dazi trumpiani. Era reduce, l’Inter, dalle sofferenze finali con l’Udinese e dall’1-1 di coppa con il Milan, strappato in rimonta. Eccezione alla regola che la vuole spesso calante: per l’età, per il logorio, per le staffette. Naturalmente, complimenti a Chivu per essersi corretto e ai suoi per averci creduto. Rimane il forte sentore di un successo buttato. Ai tomi dei dotti il calcio preferisce, non di rado, le ricette ruspanti del vecchio Trap: non dire gatto se non ce l’hai nel sacco.
Cari concittadini americani,
la prossima settimana il Primo Ministro Nakasone del Giappone verrà a trovarmi qui alla Casa Bianca. Si tratta di una visita importante, perché se da un lato affronteremo i nostri rapporti con il Giappone — nostro buon amico, con cui le relazioni complessive restano eccellenti — dall’altro saranno in cima all’agenda anche recenti disaccordi tra i nostri due Paesi in materia di commercio.
Come forse avrete sentito, la scorsa settimana ho imposto nuovi dazi su alcuni prodotti giapponesi in risposta all’incapacità del Giappone di far rispettare l’accordo commerciale con noi riguardante dispositivi elettronici chiamati semiconduttori. Ora, imporre dazi, barriere commerciali o restrizioni di qualsiasi tipo è una misura che sono restio a prendere. Tra poco vi spiegherò le ragioni economiche solide di questa posizione: sul lungo periodo, queste barriere danneggiano ogni lavoratore e consumatore americano. Ma i semiconduttori giapponesi rappresentavano un caso speciale. Avevamo prove chiare che alcune aziende giapponesi stavano adottando pratiche commerciali scorrette, violando l’accordo tra Giappone e Stati Uniti. Ci aspettiamo che i nostri partner commerciali rispettino gli accordi presi. Come ho spesso detto: il nostro impegno per il libero scambio è anche un impegno per uno scambio equo.
Ma, vedete, nel prendere questi provvedimenti non volevamo certo avviare una guerra commerciale: stavamo solo cercando di affrontare un problema specifico. La prossima settimana trasmetterò questo stesso messaggio al Primo Ministro Nakasone: vogliamo continuare a collaborare per risolvere i problemi commerciali e desideriamo davvero eliminare queste restrizioni il prima possibile, non appena le prove lo consentiranno. Vogliamo farlo perché riteniamo che sia il Giappone sia gli Stati Uniti abbiano l’obbligo di promuovere la prosperità e lo sviluppo economico che solo il libero scambio può garantire.
Questo stesso messaggio sul libero scambio l’ho trasmesso anche ai leader del Canada poche settimane fa, ed è stato accolto con calore. In effetti, in tutto il mondo cresce la consapevolezza che la via verso la prosperità per tutte le nazioni passi dal rifiuto del protezionismo e dalla promozione di una concorrenza leale e libera. Ci sono solide ragioni storiche per tutto ciò. Per noi che abbiamo vissuto la Grande Depressione, il ricordo della sofferenza di quel periodo è profondo e indelebile. E oggi, molti economisti e storici sostengono che l’approvazione, in quel periodo, della legge Smoot-Hawley sui dazi doganali contribuì in modo determinante ad aggravare la crisi e a ritardare la ripresa economica.
Vedete, all’inizio, quando qualcuno dice: “Imponiamo dazi sulle importazioni estere”, può sembrare un atto patriottico, per proteggere i prodotti e i posti di lavoro americani. E a volte, per un breve periodo, funziona — ma solo per poco. Quello che accade alla fine è che le industrie nazionali iniziano a contare sulla protezione del governo sotto forma di dazi elevati. Smettono di competere, e smettono di innovare nella gestione e nella tecnologia, che sono invece essenziali per avere successo nei mercati globali. E mentre tutto questo accade, succede qualcosa di ancora peggiore: i dazi elevati portano inevitabilmente a ritorsioni da parte degli altri Paesi e all’innesco di dure guerre commerciali. Il risultato è un’escalation di dazi, barriere sempre più alte, e concorrenza sempre più scarsa. Alla fine, a causa dei prezzi artificialmente elevati, che sovvenzionano l’inefficienza e la cattiva gestione, la gente smette di comprare. E allora succede il peggio: i mercati si restringono e crollano; le aziende e le industrie chiudono; e milioni di persone perdono il lavoro.
Il ricordo di quanto accadde negli anni ’30 mi ha reso determinato, quando sono arrivato a Washington, a risparmiare al popolo americano la rovina del protezionismo. Non è sempre stato facile. In questo Congresso, come già accadeva negli anni ’30, ci sono persone pronte a inseguire vantaggi politici immediati, disposte a rischiare la prosperità americana per compiacere qualche gruppo d’interesse particolare, dimenticando che oltre 5 milioni di posti di lavoro americani dipendono direttamente dall’export, e altri milioni sono legati all’importazione. Ecco, io quei posti di lavoro non li ho mai dimenticati. E tutto sommato, sulle questioni commerciali, abbiamo fatto bene. In alcuni casi selezionati, come quello dei semiconduttori giapponesi, siamo intervenuti contro pratiche sleali, ma abbiamo sempre mantenuto il nostro impegno di fondo a favore del libero scambio e della crescita economica.
Dunque, con l’incontro con il Primo Ministro Nakasone e il vertice economico di Venezia alle porte, è fondamentale non limitare le opzioni a disposizione del Presidente negli accordi commerciali con i governi stranieri. Purtroppo, alcuni membri del Congresso stanno cercando di fare proprio questo. Vi terrò informati su questa pericolosa proposta di legge, perché si tratta solo di un’altra forma di protezionismo, e potrei aver bisogno del vostro aiuto per fermarla. Ricordate: in gioco ci sono i posti di lavoro e la crescita dell’America.
Grazie per avermi ascoltato. E che Dio vi benedica.(Ronald Reagan 1987)
Piccolo clown, sei anche poco attento….
Gentile Drastico, mi ha strappato un sorriso….
Tutti ossessionati dall’Inter, tutta pappa per il primario.
Nessuno che pensi ad una tappa fondamentale come Roma-juve.
Scritto da DinoZoff il 6 April 2025 alle ore 11:59
Tu invece dell’inda non parli mai male chissa come mai….
Sei una Moneta da tre euro .
che poi, se proseguono le sue prestazioni anonime, non vedo quale valorizzazione sul mercato potrebbe ottenere
https://bergamo.corriere.it/notizie/sport/atalanta/25_aprile_05/atalanta-le-domande-vietate-ai-giornalisti-gasperini-ha-superato-limiti-di-stile-e-buona-creanza-aa437336-5e92-411e-bee0-a182d3283xlk.shtml
E quest’uomo secondo voi reggerebbe la pressione della panchina della Goeba?
Scritto da Causio il 6 April 2025 alle ore 04:19
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Ok può essere ma non è diverso da quello che la ndrangheta meneghina impone da anii tramite Occhiobello, ergo se la società fa la società un mister dorme tra due guanciali.
Assodata l’assoluto valore tecnico del Gasp, ed alla luce del flop di Motta, interessa la gestione dei rapporti con la rosa dei giocatori, non quella coi giornalisti.
Capisco che Vlaovic debba esser valorizzato x il pross mercato , ma Kolo in panchina x il serbo non si può vedere , e si continua a ragionare x motivi ideologici o scelte societarie, cioè anche un marziano capirebbe la differenza tra i due
Tutti ossessionati dall’Inter, tutta pappa per il primario.
Nessuno che pensi ad una tappa fondamentale come Roma-juve.
Da bit a bot… :)))
Esiste un var solo per loro, è un dato di fatto ormai acclarato da tempo.