Scott machine

Roberto Beccantini27 April 2025

Ancora lui. Sempre lui. Scott McTominay. Il bersagliere di Scozia per il quale Conte aveva addirittura cambiato modulo già all’andata, contro la Juventus, da 3-5-2 a 4-3-3, pur di imbarcarne la stazza, l’esplosivo. La doppietta a un Torello mansueto segna il sorpasso e porta il bottino, in campionato, a 11 gol: uno in più del Vidal juventino etichetta 2012-2013. Filo conduttore, l’Andonio salentino, Brontolo o Dracula a seconda delle esigenze.

Mancano quattro giornate e la classifica urla – in barba al mio pronostico estivo – Napoli 74, Inter 71. Sarebbe il quarto scudetto della storia, il secondo nelle ultime tre stagioni, dopo la grande bellezza di Spalletti e la bruttezza non meno grande della triade Garcia-Mazzarri-Calzona, quando De Laurentiis volle strafare. Senza Kvara da gennaio.

La traversa di Billing avrebbe potuto arrotondare il bottino, mai in discussione, e rigato, esclusivamente, dagli infortuni di Anguissa, Buongiorno e Lobotka. Il Napoli ha l’agenda libera, vecchia storia, mentre ai campioni, come minimo, crescono le due con il Barça.

In una settimana si è rovesciato il mondo. L’Inter ne ha perse tre, uscendo persino dalla Coppa Italia, il Napoli ha vinto a Monza e liquidato i granata; e anche in Brianza aveva deciso McTominay. Un tuttocampista di 1,90 e 88 chili, scarto del Manchester United (non proprio l’idea del secolo), un armadio mobile che vede la porta e fa sentire le ante a chiunque osi ronzargli attorno.

Canta Napoli, dunque. Con i cori del Maradona e con la miglior difesa, marchio di fabbrica dell’allenatore. I tre titoli chez Madama, quello all’Inter: edificati, sempre, sul fortino più blindato. Non è finita, certo. Ma tre punti di vantaggio sono un tesoro che permette di sognare a occhi aperti.

Sbraccio di ferro

Roberto Beccantini27 April 2025

Mi metto nei panni di «Caronte» Tudor. Gli han detto: prendi ‘ste anime smorte e portale da una riva all’altra dell’Ade; e se mai fosse Champions, meglio. Ma come potrà mai essere Champions, o un’Europa qualsiasi, se persino Yildiz dà di fuori e, agli sgoccioli del primo tempo, si fa cacciare – via Var – per una sbracciata rancorosa a Bianco?

Stava vincendo per 2-0, Madama, grazie a un sinistro filante di Nico e a un piatto destro di Kolo Muani. E comunque, subito dopo l’1-0, Kelly aveva accompagnato Dany Mota in area, mano nella mano, rischiando il penalty. Per dire: c’erano una volta i picnic allo Stadium.

La fortuna del povero Igor è stata l’avversario. Il Monza. Rimaneggiato, solitario y final. Gli opliti di Nesta hanno cinto d’assedio Veiga e c. Un assedio, a essere sinceri, molto «educato», con la cipria di tanti cross e il gel di troppi passaggetti. Ironia della sorte, è stato Nico, pizzicato da Turati, a sfiorare il gol più di quanto non fosse riuscito ai brianzoli. Pur in dieci si poteva difendere, come dicono a Coverciano, «un po’ più alti», alzando leggermente il baricentro? Non lo escludo, ma non è successo. Tutti indietro a fare massa. Seguivo Cambiaso: possibile che l’idea del City lo abbia trasformato e sfigurato in termini così plateali?

I migliori: Locatelli, Nico e, a sprazzi, Kolo Muani. Il turco mancherà a Bologna e a Roma, con la Lazio. Il 4 maggio compie 20 anni, ha chiesto scusa al popolo, era e rimane l’unico concessionario di fantasia alla Continassa. Già erano «dazi» amari prima, figuriamoci adesso.

Clamoroso

Roberto Beccantini27 April 2025

I nervi dell’Inter. La mossa di Claudio. Il doppio centravanti: Shomurodov-Dovbyk. Sono i confini della terza sconfitta «back-to-back» dei campioni, dopo Bologna (0-1) e Milan di coppa (0-3). Tra infortuni e squalifiche, le «due squadre» di Inzaghino arrancano nude alla meta. C’è ancora tempo, ma sempre meno. L’idea di Ranieri sorprende i piani iniziali degli avversari. Gli inserimenti di Koné e Pellegrini, le sponde di Soulé e quel gol lì, al 22’, sintesi di un’azione studiata a Trigoria e baciata da una generosa carambola. Di destro, l’argentino. Ex Juventus. Erede designato di Dybala.

Tre k.o. e zero gol fatti, allarme nell’allarme in vista di Barcellona. La Roma avrebbe potuto raddoppiare con Cristante e l’uzbeko quasi subito, con Pisilli, Dovbyk e Angeliño nella ripresa. A conferma che i catenacci, se non butti via le chiavi, possono aiutarti a marchiare la cronaca, se non proprio la storia. Al fianco di Lautaro si agitava Arnautovic. Sono rientrati, alla distanza, Dumfries e Zielinski. Ha premuto a lungo, l’Inter, senza però l’allegria e la chirurgia di un mese fa. Parate memorabili di Svilar? Non ne ricordo. Vado a memoria: una palla-gol del «Toro», un’altra di Barella, una nuvola di bolge, un kamasutra molto hot di Ndicka su Bisseck: il resto, storie tese e parabole disattese.

Persa la Coppa Italia, in bilico scudetto e Champions (appesa al recupero di Thuram): quando competi per tutto, il rischio che la primavera ti prenda alla gola e gli episodi ti strozzino, esiste. I punti in meno sono 18. C’è chi lo spiega con i serbatoi mezzo vuoti, e chi con i cali di cabeza (tipo Parma, da 2-0 a 2-2). Non mancano coloro che già sono scesi dal carro di Simone. Un classico dei nostri loggioni, abituati ai balli in maschera. Il calcio è materia liquida: come diceva Rocco, «dal lunedì al venerdì, i xe olandesi». Poi, d’improvviso, salta fuori la «balla» che pure il risultato, bé, insomma.