Allegri mica tanto

Roberto Beccantini26 August 2021

Dopo Leo Messi in fuga da Barcellona, ecco Cristiano Ronaldo via dalla Juventus. Triste, solitario y (mai in) final. Destinazione Manchester City. Così dicono gli esperti. Via a 36 anni, dopo tre stagioni, una prima della scadenza naturale. Ha capito, ha scelto: alla sua età, non può bastare a questa Juventus, e questa Juventus non può bastare a lui. Naturalmente, senza Cierre, Madama scenderebbe dal podio: almeno dal mio. Ma ne riparleremo.

Oggi era giorno di sorteggi. La solita messa in cui tutti noi chierichetti ci sentiamo, per un’ora, sacerdoti. Vado al sodo, rapido.

Gruppo A: Manchester City e Paris Saint-Qatar (nell’ordine), poi Lipsia. In periferia, il Bruges.

Gruppo B: era in quarta fascia, il Milan. Sarà dura, molto dura, con il Liverpool e l’Atletico, la squadra che, nel 2014, l’accompagnò fuori dalla Champions. Lo vedo terzo, con il Porto a ronzargli attorno.

Gruppo C: a naso, Borussia Dortmund e Ajax, ferma restando la sua gioventù, non sempre bruciante. Possibile «rompi», lo Sporting Lisbona. Gli spiccioli che restano, al Besiktas.

Gruppo D: l’Inter senza Lukaku ritrova il Real senza la dorsale difensiva (Sergio Ramos, Varane) e lo Shakhtar di De Zerbi (che botta di sedere, con il Monaco). Più lo Sheriff moldavo. L’anno scorso, c’era Conte e finì quarta. Avrà imparato la lezione? Se sì, avanti Real e avanti Inter.

Gruppo E: Bayern sicuro, Barcellona favorito sul Benfica, Dinamo Kiev ai margini.

Gruppo F: il Villarreal, nel suo piccolo, ha strappato l’ultima Europa League proprio al Manchester United. E Pogba è sempre Pogba. Ciò premesso, Atalanta in lotta: a pieno titolo. Young Boys a casa.

Gruppo G: soffuso equilibrio, non esistono prime,
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Se il portiere fa doppietta

Roberto Beccantini22 August 2021

La «doppietta» di Szczesny ha rovesciato Udinese-Juventus, da 0-2 a 2-2, e offerto al governo dell’Allegri-bis non lievi spunti di riflessione. Rigore su Arslan, topica su Okaka per il pari di Deulofeu. Dalla notte di Porto il polacco è salito sulle montagne russe e gli spilli della costruzione dal basso continuano a bucarne la fiducia. Il vice è Perin.

La scorsa stagione, Gotti perse 1-2: non senza coriandoli sparsi di iella. Questa volta gli dei lo hanno risarcito. E la Juventus? Con Cristiano e Chiesa in panca, subito avanti con i gol di Dybala, splendido, e di Cuadrado, propiziato da un signor lancio del capitano. Qua e là tagli profondi, un 4-4-2 scolastico e, a pancia piena, il classico «indietro tutti», in attesa di un pertugio, di un contropiede. Giocava, l’Omarino, a tutto campo, come a trasformare il peso dei gradi in un onore. Migliore per distacco, al di dei caldi e dei cali.

Siamo alla prima e, dunque, il discorso delle energie può avere un senso. Con Allegri, però, c’è sempre il rischio di pensar male (e di azzeccarci, talvolta). Scritto ciò, sono state le papere del portiere a orientare l’epilogo. Madama ha buttato dentro tutti, e di tutto, da Cristiano a Kulu, da Chiesa a Chiellini (per un 3-5-2 da lotteria) a Locatelli. Artiglieria pesante. Ciao Musso, ciao de Paul: in Friuli, si forgia e poi si vende. Gotti aveva inserito, tra gli altri, Deulofeu e Okaka: evviva il fiuto. La Juventus ha colpito due pali (Morata, Bentancur), il Var ha sfilato un rigore a Deulofeu, sempre lui, per fuorigioco di un alluce e, per lo stesso motivo, l’imperiale 3-2 a Cierre, giusto agli sgoccioli.

Appunti sparsi: Bernardeschi esterno-interno così così, Bentancur a strappi, Ramsey timido, Cuadrado in vena. Sono tracce, non sentenze. Szczesny, viceversa, non ancora una sentenza ma qualcosa più di una traccia. E i «ruttini digestivi», la solita tendenza.

Grandi e Piccoli

Roberto Beccantini21 August 2021

Inter-Genoa 4-0. A proposito di staffette: da Conte-Allegri a Conte-Inzaghi. La butto lì, sicuro che i saggi sapranno farne tesoro. Ciò premesso, con San Siro mezzo pieno e il Genoa mezzo vuoto, campioni in scioltezza, da campioni. I maniaci delle bisettrici e delle palle scoperte avranno già colto le differenze. Beati loro. Nel mio piccolo, parto dal detto di Boniek: «Lukaku faceva reparto da solo, Dzeko ha bisogno di un reparto». Lo ha avuto. E lo ha accompagnato. Dalla conferma dei piatti della casa (testa di Skriniar) a un fraseggio elegante, come sul gol di Calhanoglu (the best). Non c’era Lau-Toro, squalificato. C’era Sensi, nano dagli alluci prensili. Lo aspetto. A gioco lungo, e squadre lunghissime, i cin-cin di Vidal e Dzeko, l’alticcio e il traliccio.

Torino-Atalanta 1-2. Muriel all’inizio (gran gol), Piccoli (classe 2001) nel recupero: in mischia, da bracconiere. In mezzo, ebbene sì, tanto Toro e poca Dea. Ben oltre il pari, carambolato, di Belotti, ossigeno e tritolo dalla panchina. Gasp ha pagato le assenze, troppe. Immagino i moccoli di Juric (in tribuna): proprio non meritavano di perdere, i granata, padroni della notte più di quanto fosse lecito illudersi. Piccoli, come il Gallo, era entrato: ma di sfuggita, lui. Visto da Bergamo, e pensando al pallore lunare e lunatico di Ilicic: gli scudetti si vincono anche così, con una botta di sedere, e non necessariamente strangolando gli avversari. Visto dal Toro: lunga è la strada, ma sembra proprio quella giusta.

Empoli-Lazio 1-3. Lo scarto è severo: più gioco la banda Andreazzoli, al netto dello squillo di Bandinelli; più giocate (Milinkovic-Savic, pareggio e assist per Lazzari) ed episodi (il rigore di un acerbo Vicario su Acerbi, trasformato da Immobile), il laboratorio del ritornante Sarri. A Coverciano non avranno gradito la fase di non possesso. Appunto: lasciatelo lavorare.