Errori ed emozioni

Roberto Beccantini14 October 2020

Mi diverto sempre, con la Nazionale di Mancini, anche quando non vince (sono già due pareggi consecutivi), anche quando sbaglia (come Immobile, che pur si muove). E poi proprio a Bergamo, dopo l’inverno delle bare: tutti quei sindaci, tutti quei medici, tutti quegli infermieri. Il calcio che, in punta di piedi, capisce e s’inchina.

L’Olanda non era più l’Olandesina di Amsterdam che bacchettammo al di là del minimo scarto. De Boer l’ha rianimata, difesa a cinque come Van Gaal al Mondiale brasiliano e fasce (la sinistra, soprattutto) molto elastiche, Blind a tutto gas, Frenkie de Jong in regia, un gigante, Wijnaldum e Depay ad aprire la scatola di Bonucci e Chiellini, sui cui gomiti non tramonteranno mai i dibattiti. Sono mancati i centravanti, sia a noi sia a loro.

Si poteva vincere, si poteva perdere, è stata una partita che il radar mobile di «Barellik» ha subito consegnato alla profondità di Lorenzo Pellegrini – bello il lancio, bello il resto – e van de Beek ha recuperato in mischia, a conferma che, nello sport come nella vita, conta l’attimo, non il fiocco.

Abbiamo sofferto e li abbiamo fatti soffrire, così così Verratti, un po’ datato Jorginho, Chiesa alla periferia del villaggio, in bilico tra i rintocchi dell’ala e i doveri del terzino (meglio i polveroni di Kean, decisamente), D’Ambrosio e Spinazzola bloccati ai valichi. Poi, con Florenzi e gli adeguamenti difensivi, a specchio, un po’ più di respiro.

Deciderà Italia-Polonia di Reggio Emilia, il 15 novembre. Passa solo la prima, in Nations League, e Lewandowski (due pere alla Bosnia) ci ha superato. Lungi dall’essere perfetti, e in assenza di fuoriclasse in grado di scavare la differenza, gli azzurri sono vivi e trascinano: e in questi giorni avventurati di Covid, non è poco.

Guida spericolata

Roberto Beccantini4 October 2020

Molto temerario, nelle sbracciate di Immobile e Sensi, ravvisare la «condotta violenta». E giustificare, dunque, i due rossi del pessimo Guida. Nel mio piccolo, mi hanno colpito più gli svenimenti di Vidal, fin lì uno dei più efficaci, e di Patric.

E così Lazio-Inter è finita 1-1, con la Lazio in dieci dal 69’ al’86’ e dopo aver perso fior di pezzi (Radu, Marusic, Bastos). Al posto di Conte, sarei imbufalito. E’ un vizio, quello di farsi sfilare punti già in tasca. E questi, visto come marcia l’Atalanta, avrebbero fatto comodo.

In vantaggio d’astuzia con Lautaro, ha avuto il torto, l’Inter, di non chiudere la partita. Ne ha avuto l’agio, i mezzi, le occasioni. Un po’ di pressing, un po’ di Hakimi, un po’ di molti: non, però, con la ferocia che sarebbe servita. E il palo «carambolato» di Brozovic, agli sgoccioli, è un episodio che non riga la sentenza.

Rintronata dalla Dea, la Lazio sembrava il rimorchio di un tir. Finché, complice l’autista sbadigliante del camion, non ha trovato un ventello di orgoglio e di gioco. Se l’Immobile di questo scorcio non è il massimo, e Correa neppure, Luis Alberto ha preso possesso del centro del ring e Milinkovic-Savic, su cross di Acerbi – una colonna, sempre -, ha incornato fra Perisic e Handanovic, l’uno convinto che l’avrebbe presa l’altro.

Conte ha privilegiato la difesa a tre perfino alla superiorità numerica, Inzaghino ha chiuso con Akpa Akpro ed Escalante. I cambi, decisivi con la Fiorentina, questa volta non hanno fatto la differenza. La fase d’attacco (10 gol in tre gare), è già a buon punto; non altrettanto quella difensiva (6). Più di così, la Lazio non poteva fare. L’Inter, sì. E’ mancato il tocco del trequartista (Barella); e se Lukaku è stato prezioso lontano dalla porta e poco efficace sotto, Perisic ha bivaccato ai margini.

In attesa che le Asl facciano il loro corso, possibilmente compatte.

Messi-Cristiano, sempre bello

Roberto Beccantini1 October 2020

Sempre bello, Messi versus Cristiano. E’ l’omaggio della Champions all’ultimo decennio di calcio. Subito dopo, Pjanic e Arthur, per ora riserve. Senza trascurare Rambo Koeman e Sua Geometria Pirlo. Juventus-Barcellona nasce così, e non è poco. E’ stato un sorteggio buonista, anche se il Covid infuria e costringe a vivere alla giornata. Il gruppo di Madama è suggellato da Dinamo Kiev (Lucescu, uno dei miei cocchi) e Ferencvaros: c’era una volta la scuola magiara. Una volta, appunto.

L’Inter ha pescato il Real (e Hakimi, dunque, il «papà» scettico), lo Shakhtar appena demolito in Europa League e quel Borussia Moenchengladbach che rimanda alla celeberrima lattina e ai corsi (e ricorsi, soprattutto) dell’avvocato Prisco. Conte, lui, ritrova Zidane. Insieme alla Juventus non si annoiarono.

C’è chi parla dell’Atalanta come del Liverpool italiano: detto fatto, la Dea sarà ad Anfield, Gasperini contro Klopp, gran ballo dei terzini (Alexander-Arnold e Robertson, Gosens e Hateboer); sul menu, una scorpacciata di emozioni. Chiudono Ajax, un Ajax in fase di transizione, e i frugali danesi del Midtjylland.

Pure la Lazio respira. Le sono toccate Zenit, Borussia Dortmund e Bruges. Poteva andare peggio. Il problema resta la politica del doppio binario, alla quale Lotito e Inzaghino non sono più abituati.

Ribadito che passano le prime due, ecco il mio borsino (in attesa del vostro).

Gruppo A: Bayern 90%, Atletico Madrid 85%, Salisburgo 20%, Lokomotiv Mosca 5%.

Gruppo B: Real Madrid 70%, Inter 65%, Borussia Moenchengladbach. 45%, Shaktar 20%.

Gruppo C: Manchester City 90%, Porto 60%, Marsiglia 40%,
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