Temevo peggio

Roberto Beccantini27 April 2019

La Juventus di Allegri ha sempre avuto un rapporto con le belle arti molto, molto, «personale», figuriamoci adesso che l’obesità dell’ottavo scudetto gli permette di (giustificare) tutto.

Spalletti, invece, voleva blindare il terzo posto e così l’Inter si è alzata dai blocchi come Maurice Green, spingendo la Tiranna alle corde e bombardandola di tiri, di cross. La bellissima volée di Nainggolan ha sorpreso tutti, persino Szczesny (che poi si sarebbe rifatto). Sembrava, la Juventus, la brutta addormentata nel bosco che già la Fiorentina aveva scosso, percosso e risparmiato. L’Inter avrebbe potuto raddoppiare con Icardi, Allegri ha corretto l’assetto, la partita ha cambiato padrone, per consegnarsi a Cristiano. Che, fin lì, aveva mendicato munizioni e ciccato l’unica servitagli (da Spinazzola). Se il destro di Nainggolan è stato uno smash fragoroso e clamoroso, il sinistro del marziano è stato un diritto lungo-linea, perfido e perfetto.

Per un tempo, Brozovic e Vecino, Politano e Perisic sono stati più spicci, più dentro l’obiettivo. Ma poco è mancato, alla fine, che il deb Pereira, proprio lui, non firmasse il più rocambolesco dei sorpassi. A conferma di un derby sfuggito ai radar degli stessi protagonisti, l’Inter calata, la Tiranna cresciuta (Pjanic, in particolare).

Chi scrive, avrebbe schierato Kean dall’inizio. Il tecnico l’ha inserito due minuti prima che Cristiano pareggiasse. Chi lo chiama fiuto e chi in un altro modo: avanti, scegliete.

Sono ordalie pericolose, queste, vista la differenza drastica di punti (26) e di stimoli. Più leggere per gli sfidanti, attratti dalla seduzione di una notte catartica; più infìde per i campioni, costretti a essere arbitri e non solo testimoni, possibilmente, di scaramucce che non li riguardano (dalla zona Champions all’Europa League).

Il più noioso

Roberto Beccantini20 April 2019

Otto di fila, trentacinque in tutto. E’ la Juventus fabbrica che in Italia produce più e meglio di tutti, sia che gli avversari siano forti – come servirebbe anche a lei – sia che siano deboli – come ha ribadito questo campionato. La ferita dell’Ajax ha trasformato lo scudetto in un cer-otto, il popolo ha la pancia piena, ha scoperto il bel gioco, soffre la dicotomia fra la dittatura domestica e il servaggio europeo, visto che l’ultima Champions risale al 1996. Non ha tutti i torti.

Il 2-1 in rimonta alla Fiorentina ha suggellato un dominio che, fino a Natale, era stato persino piacevole, poi più. I primi tre di Conte, gli altri cinque di Allegri, attorno al quale il mondo Juve si è diviso, chi lo adora e chi lo detesta. C’est il web.

E’ stato il titolo di Cristiano e di Kean, i due estremi; lo è stato poco, pochissimo, del Dybala sommerso; è stato l’ultimo di Barzagli, perno di quella Bbc che molto ha scritto: a me sembra anche un po’ di storia, ma se per voi solo cronaca, pazienza. E’ stato, gira e rigira, il più facile, il più comodo, in un certo senso il più noioso, dal momento che non c’è mai stato bisogno di pennellate, è bastata una martellata qui e là.

E comunque otto (e pure le ragazze, già che ci siamo, al secondo di fila). Il record, ammesso che possa incuriosire, era del Lione con sette. I distacchi, bulgari, strangolano i dibattiti da bar, le risse da curva. Ci sono stati molti, troppi infortuni e temo che, al netto dell’età «alticcia», i richiami natalizi, questa volta, non abbiano funzionato. Capita. Detto del deserto dei tartari che l’ha circondato, il «fallimento» di Allegri è così riassumibile: 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 2 Supercoppe di Lega, 2 finali di Champions. Per alzata di mano, molti lo casserebbero comunque. Nel segreto della cabina, a tendina tirata, non so.

Dimenticavo: che ruffiani, quegli applausi a Chiesa…

E adesso, occhio ai calcoli

Roberto Beccantini13 April 2019

Era già successo a Marassi, dopo la rimontona inflitta all’Atletico. E’ successo anche a Ferrara, tra Ajax e Ajax. La Spal di Semplici, il collega che per ovvi motivi Allegri preferisce, ha stappato una vittoria che vale una bella fetta di salvezza. Kean, il solito Kean, aveva sbloccato l’equilibrio; e non con un gol banale, di carambola, ma con un tocco voluto, quasi «arrogante». Bonifazi e Floccari hanno rivoltato la frittata della partita, la cui cronaca, per i discepoli di Paolo Mazza, è già storia.

Certo, non era la Juventus migliore: come formazione (soprattutto) e come atteggiamento. Certo, qualcuno non si darà pace citando Gozzi, Kastanos, Nicolussi Caviglia (!), Mavididi. Pochi ricorderanno che la scorsa stagione, con il fior fiore dei titolari, Madama non andò più in là di un grigio zero a zero.

La Spal è stata baciata dal calendario, tutto qui. Dei ragazzi, non male quel Nicolussi già affiorato contro l’Udinese e Mavididi, sportellatore emerito. Ritornava Cuadrado, le solite bollicine. Dybala vagava per il campo con il piedino felpato e l’occhio mesto, prigioniero di un ruolo dal quale non sa, non può o non vuole evadere neppure quando il tecnico gli dà carta bianca.

Il problema non è lo scudetto domani o per Pasqua od oltre. Il busillis è la formazione anti Ajax. Con il Mandzukic pre-natalizio, «quella». Con il Mandzukic attuale, e la probabile assenza di Douglas Costa, un pensierino a Kean è lecito. La filosofia dell’Ajax è l’opposto del Cholismo. Ecco perché l’1-1, in caso di eccesso di calcoli, da pedale di acceleratore potrebbe trasformarsi in un minaccioso freno a mano.

Dagli ottavi a mercoledì scorso ha segnato solo Cristiano. Quattro gol. Direte: l’hanno pagato per questo. Vero. Ma sarebbe opportuno non lasciarlo solo.