L’autuno caldo

Roberto Beccantini21 September 2016

Cosa volete che siano cinque giornate. E allora allarghiamo l’analisi. Classifica di un anno fa: Inter 15, Fiorentina 12, Sassuolo 11, Chievo, Sampdoria e Torino 10. Poi, in ordine sparso, Milan e Lazio 9, Roma 8, Napoli 6, Juventus 5. Oggi, invece: Juventus 12, Napoli 11, Roma, Chievo e Inter 10, Milan 9, Lazio e Fiorentina 7 (con una partita, o quasi, in meno).

Sono tutte lì. Domenica, Sarri aveva scavalcato Allegri e preso la testa. Tre giorni dopo, Allegri lo riscavalca e se la riprende. Il capocannoniere è lo stesso di due stagioni orsono, Icardi: sei reti delle sette raccolte dall’Inter. E Bacca, cinque delle otto firmate Milan. A proposito: in estate, il colombiano era sul mercato. E Montella aveva dato l’ok. Sic transit sedere mundi.

La Signora che veste Pjaca (solo nel finale, però) ha sette punti in più, il Napoli cinque. Non ho seguito l’ordalia di Marassi, ma un pari ci può stare, visto che il Genoa di Juric è un osso duro.

Per la prima volta, de Boer ha vinto, a Empoli, senza dover rimontare. Per una volta, non ha segnato Milik. Ho visto Juventus-Cagliari. Non c’è stata partita. La Juventus veniva dalla lezione «olandese» di San Siro; i sardi, infarciti di ex, hanno fatto la fine del Sassuolo, travolto subito, senza avere la forza, a differenza degli emiliani, di alzare la voce. Un solo brivido, sull’1-0, da una palla persa di Pjanic: il fuorigioco di Murru ha cancellato un rigore (su Murru).

Higuain era titolare. Un gol e mezzo (quello di Rugani), un palo e progressi palesi ancorché facili. Bene, sulle fasce, Dani Alves e Alex Sandro. E Dybala? Ancora a zero (contro i due gol del torneo passato), gioca molto per gli altri: finché dura, finché si diverte. C’era Hernanes in mezzo, Pjanic mezzala. C’erano, soprattutto, una voglia feroce e avversari timidi.

Prepariamoci a un autunno caldo, molto caldo.

Per essere Frank

Roberto Beccantini18 September 2016

Per essere Frank, mi aspettavo un’Inter proprio così, compatta e famelica, con i suoi limiti, con le sue risorse, Miranda, Banega, Perisic, Icardi. Icardi su tutti. La lotteria di Pescara e il disastro di giovedì la mettevano di fronte a responsabilità drastiche. Ha ridotto al minimo storico gli sgorbi, ha limitato le occasioni concesse, ha dato tutto.

Non sapremo mai se con la Juventus «vera» sarebbe bastato, ma non sappiamo neppure se sia stata la Juventus a non essere «vera» per la propria mollezza o per i meriti, palesi, degli avversari. Frank De Boer si giocava molto. Ha tenuto Eder e Icardi stretti, ha chiesto pressing e spirito di sacrificio, li ha avuti da tutti, anche dai più scarsi (D’Ambrosio, Santon). Joao Mario e Medel hanno retto il centrocampo, contendendolo ai Dybala, ai Khedira, agli Asamoah.

Icardi palo, gol e assist. Higuain, panchina e un pugno di polvere. Però. Sono i classici minestroni alla Allegri, con pioggia di ingredienti, Pjanic regista (così così), il solito Dybala a rifinire invece che a «finire», in un contesto di squadra che legge troppo i giornali e poi va in campo e si smarrisce nell’incenso delle penne e nei rutti dei bar sport. Asamoah e il suo harakiri sul 2-1 ne hanno riassunto la superficialità congenita.

L’Inter, questa Inter, può competere per il podio. La Juventus, questa Juventus, deve darsi una regolata. Già il gol di Lichtsteiner sembrava, lì per lì, uno scempio del destino, vi raccomando il modo in cui la squadra l’ha gestito. Colpo di testa di Icardi (su angolo, e sono tre). Colpo di testa di Perisic. Gli indizi cominciano a essere troppi. Vero, la scorsa stagione la Juventus aveva quattro punti e gli stessi gol al passivo, quattro. Era cambiata rispetto all’era Tevez, è cambiata rispetto all’era Pogba. Resta favorita, ma occhio alle coccole. E ancora complimenti all’Inter.

La solita solfa

Roberto Beccantini14 September 2016

La solita solfa, non appena si passa dal campionato alla Champions e sale il peso degli avversari. Il Siviglia ha vinto le ultime tre Europa League, non dispone di marziani e quel furbacchione di Sampaoli – olandese fino al fischio d’inizio, poi italianista fino alla fine – ha alternato un pressing sui difensori a un presidio corposo della proprio metà campo. Al bar si chiama catenaccio. Nei salotti, muro semovente.

E’ mancato, alla Juventus, il coraggio di attaccare in velocità, a costo di rischiare qualcosa, ed è mancato fin dalla formazione: Asamoah per Pjanic ed Evra per Alex Sandro sono segnali chiari. Così chiari che, visto lo stallo, Pjanic ha poi sostituito Asamoah e Alex Sandro, Evra. Allegri è un figlioccio del gaudente Galeone che però, di nascosto, ha studiato testi molto più casti. In Italia non c’è gara, qualunque cosa faccia. In Europa sì.

Nel merito: Higuain isolato, Dybala ondeggiante ma facilmente disarmabile, centrocampo muscolare, senza proposte; e gli esterni (Dani Alves, Evra) tirchi di affondi, di cross. Così nel primo tempo: un po’ meglio nel secondo, anche grazie ai cambi.

Gli spagnoli hanno scelto di aspettare sulla riva del fiume, attorno a N’Zonzi, con Vazquez a disturbare Bonucci. Non molto, ma abbastanza per intasare i valichi e infastidire gli sherpa che, piano piano, si arrampicavano.

Morale: cinque occasioni a zero, compresa la traversa di Higuain, ma un ritmo e un gioco non ancora (o non sempre) ad altezza Champions. La modestia inventiva del centrocampo costringe Dybala ad arretrare, la qual cosa lascia Higuain in pasto ai Rami di turno. Zero rischi corsi, a parte un numero di Correa, e zero parate di Buffon, ma anche zero dribbling riusciti (nelle zone calde, dico). Per la serie: la Juventus avrebbe meritato di più, ma in Europa serve di più. Evidentemente.