Il grande incartatore

Roberto Beccantini27 April 2014

Da tifoso del Liverpool quale sono, mi inchino ai piedi (e non solo ai glutei) di José Mourinho e del suo Chelsea. So che Mou quando vuole è il massimo e quando gli fa comodo il minimo; so che habla, habla, habla, e alla vigilia dell’ordalia si era infilato nel rispetto per fare dispetto. Quando però c’è da incartare l’avversario, nessuno tocca i picchi del suo realismo storico, che i bar sport rozzamente traducono in «difesa a oltranza» (?).

Non gli andrà sempre bene, e magari già mercoledì con l’Atletico l’agenzia delle uscite gli imporrà una tassa sulla Champions, ma Suarez era e resta il conclamato pistolero di tutta la Premier, non uno sbirro qualsiasi: cancellato, letteralmente.

Il Liverpool veniva da undici vittorie e 96 gol. Mou gli ha inflitto un 2-0 di puro catenaccio «y contragolpe». Con Simeone nel mirino, aveva alleggerito la formazione di preziosi titolari. Capitan Gerrard gli ha dato una mano, e che mano. Il gol di Demba Ba è roba sua. Sono cose che succedono. Brendan Rodgers è finito in gabbia, pur conoscendo le attitudini del maestro. Ha fatto poco per uscirne: non sono bastati i tiri di Gerrard, la frenesia di Sterling, l’ingresso (tardivo) di Sturridge.

Dal Calderon ad Anfield, ho pensato a un passo di «Alla ricerca del calcio perduto» (autore, Nicola Calzaretta). Nel ricordare la celeberrima semifinale di Euro2000, tra Olanda e Italia, Albertini chiosa così l’assedio batavo: «Li abbiamo rinchiusi nella nostra area di rigore e non li abbiamo fatti più uscire!». A essere pignoli, gli azzurri erano rimasti in dieci fin dal 33’ (espulso Zambrotta), ma i Reds, senza Europa tra gli zebedei, erano freschi come rose.

Già a Manchester, Mou aveva operato il City. I puristi si solleveranno, i fusignanisti invocheranno il carcere duro. Non è proprio il caso. Erano di fronte il miglior attacco e la miglior difesa. Ha vinto la miglior difesa. Prosit.

Insomma…

Roberto Beccantini25 April 2014

Per fortuna il Benfica non è il Bayern. Al gol di Garay, dopo due minuti, ho pensato al gol che Alaba segnò a Monaco, dopo un pugno di secondi. La ditta Buffon & Bonucci ci ha messo del suo. E il Benfica, rinculando, anche. Sarà durata sì e no un quarto d’ora, la sua bava alla bocca. Gli mancavano Salvio e Gaitan. Piano piano, la Juventus ha preso le misure alla squadra di Jesus (nomen omen) e, nella ripresa, l’ha a lungo appesa all’area.

Si è sbloccato Tevez, e questa è una buona notizia. Ha giocato Vucinic, e questa è una notizia che, francamente, non ho capito. Mi scusi, Conte: è l’andata delle semifinali di Europa League e lei mi «spaia» la coppia d’attacco titolare. Non solo: rinuncia a Llorente e insiste con i lanci lunghi (di un distratto Bonucci, di un grigio Pirlo), invece di stuzzicare quel che resta del «poeta» con triangoli più consoni alle sue sonnolenti rime. Mah.

Jesus ha azzeccato i cambi, prova ne sia lo strepitoso gol di Lima, Conte non direi proprio. Inoltre: il mio regno per un dribbling. Uno solo. Con il 3-5-2 d’ordinanza, e con i rivali che blindano i valichi, elementi che saltano l’uomo servirebbero come il pane. Lichtsteiner e Asamoah sono cresciuti, Pogba e Marchisio hanno costretto Artur a un paio di acrobazie, il pareggio non sarebbe stato un furto; qualche passetto avanti, sul piano della personalità, l’ho colto ma non mi va di archiviare la sconfitta alla voce «risultato bugiardo». Se mai, alla voce «occasione buttata».

Del Benfica, le cifre parlano di due tiri nello specchio e due gol. Della Juventus, di un possesso palla del 58%. C’è chi farà la ola. Credo che, a Torino, i portoghesi giocheranno più o meno come ieri sera: mordi e fuggi, ribaltoni improvvisi. Basta l’1-0, come no. La Juventus non potrà fare calcoli; e visti i tormenti con il Lione, quando poteva farli e li fece, meglio così.

De contropiedibus

Roberto Beccantini24 April 2014

Ma guarda. Possesso palla di martedì sera: Atletico 68,6%, Chelsea 31,4%. Possesso palla di ieri sera: Real 28,8%, Bayern 71,2%. Come un Auricchio qualsiasi, ho desunto i dati dalla «Gazzetta». Qual è la morale? In attesa che la Champions faccia il suo corso, il possesso episodi ha battuto il possesso palla. Non è la prima volta, non sarà l’ultima.

Nel dettaglio: dalla stessa trama – una squadra fissa a centro ring, prima l’Atletico e poi il Bayern, l’altra alle corde per scelta o per forza, prima il Chelsea e poi il Real – abbiamo ricavato due film diversi. Il primo, piallato dal catenaccio di Mourinho. Il secondo, agitato dal contropiede di Ancelotti.

Oggi lo chiamano «ripartenza», come quei signorini che vanno a Casablanca, si fanno operare, e tornano signorine. Io continuo a preferire il termine che accompagnò la mia pubertà: contropiede. L’azione del gol mi ha strappato dalla sedia.

Una squadra verticale, il Real, contro una squadra orizzontale, il Bayern di Guardiola. Che, sia chiaro, non avrebbe affatto usurpato il pareggio. Un solo appunto, se posso: se si decide di rinunciare al «falso nueve» per fare spazio a un «verdadero nueve» (traduzione: Mandzukic al posto di Thomas Muller), tanto vale adeguarvi gli schemi, le munizioni.

Gli esteti di Coverciano parlano del possesso palla come di un rapporto serio, elegante, e considerano il contropiede, viceversa, alla stregua di una botta e via. Sarà. Adoro quando due scuole distinte, come è successo al Bernabeu e in parte anche al Calderon, si annusano e si mordono. La qualificazione resta aperta, su entrambi i fronti. Tra i blancos mi hanno impressionato Modric, Xabi Alonso, Benzema e Pepe. Tra i tedeschi, Alaba.

Vi lascio con una piccola riflessione. Minuto 73, cambio nel Real: fuori Cristiano Ronaldo, dentro Bale. Linea a Lisbona e al dubbio Giovinco o Vucinic.