L’attimo e il catenaccio

Roberto Beccantini19 April 2023

Milan, dunque. Il Napoli esce con l’onore che si deve alle squadre che, sospese fra due obiettivi – uno dei quali, lo scudetto, saldamente in pugno – si battono anche per l’altro. L’1-0 di San Siro è un macigno che rotola sul Maradona. Mancano, a Spalletti, Kim e Anguissa. Un oplita e uno sherpa. C’è Osimhen, in compenso. Il capo-cannoniere. Tomori e Kjaer gli montano una guardia spietata. Da nessun cozzo, però, sprigionerà mai rancore. Evviva.

Come all’andata, il Napoli parte in quarta. Circonda l’inferno del Diavolo, lo invade, lo martella, ma non lo occupa. E così, come mercoledì scorso, sono i contropiedi a orientare la trama. Giroud si fa parare da Meret un rigore conquistato da Leao. Poi, su invito di Tonali, impegna strenuamente il portiere. Ecco: Lobotka cerca leader e trova gregari, da Zielinski a Ndombele. L’infortunio di Politano, che fin lì aveva costretto Theo a tribolati rammendi, non è una pagliuzza: lo sarà Lozano, al di là di un episodio da moviola dovuto a un salvataggio di Leao, ebbene sì. Penalty, non penalty? Siamo al limite del limite. Immagino che, questa volta, Pioli abbia ragionato come Thiago Motta a Bologna (su Rebic).

Leao, già. E Kvaratskhelia. La pallina della roulette gira attorno a «quei due». Il georgiano si fa un mazzo così, braccato da Calabria, atteso da Krunic, sbirciato da un Brahim Diaz più terzino che mezzala (uffa). Prova a evadere dal carcere, ci riesce in avvio di ripresa, ma alza troppo la mira. Si farà parare da Maignan – una parata, una sola: quella, a conferma di una stoffa eccelsa – il rigore che, a 10’ dal termine, avrebbe potuto riaprire i giochi (mani-comio di Tomori su cross basso di Di Lorenzo).

Il portoghese, in compenso, gode di sieste e rinfreschi,
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Scherzo di Carnevali

Roberto Beccantini16 April 2023

Comincio dal pianto di Fagioli. Un errore, un gol dell’avversario (Defrel, bravo a girarsi e saettare). Capita. Pensi a Mandela: «Non perdo mai, vinco o imparo». E se gli chiediamo tanto, forse troppo, è perché lo stimiamo. Ha 22 anni, il mondo in mano. Avrebbe bisogno di una guida, compito che spesso tocca a lui. Non molli.

E adesso l’altro pianto: la Juventus. C’era Sacchi, al Mapei. Immagino cosa non avrà cristonato, dentro di sé. La forza delle idee contro l’idea delle forze. Il giuoco contro le giocate. L’intensità contro la vanità. Ha vinto due volte: in campo e in tribuna. Birichino.

Il Sassuolo non ha le beghe di Madama (e nemmeno Berardi, però). Diranno: ha risolto un episodio. Quasi uno scherzo di Carnevali (l’amministratore delegato del club), compagno di merende dell’ex politburo juventino. Di solito, ci si aspetta che il Sassuolo si scansi. Questa volta si è scansata la Juventus. Primo tempo di noia mortale, ripresa più avventurosa. Allegri ha buttato nella mischia un altro bebé, Barbieri, affidandogli quella vespa di Laurentié. Risulterà tra i meno peggio. Parte, Max, con una formazione che poi sistematicamente smonta. Un miracolo di Perin (su testa di Defrel), uno di Consigli (su crapa di Rabiot), un auto-palo di Gatti, un’occasione di Di Maria, entrato come Chiesa, Caudrado, eccetera: molto vegana, la cronaca.

C’era Paredes titolare. Per carità. C’erano due centravanti, Vlahovic e Milik, fuori dal gioco e spesso in fuorigioco. Il palleggio di Maxime Lopez, le sgommate di Frattesi, la difesa armonica e ormonica hanno onorato il coraggio di Dionisi. Certo, l’Europa pesa: le scorte di Milan e Napoli hanno pareggiato, l’Inter ha perso in casa. Unica eccezione, per ora, la Roma di Mou. Per la Juventus, è il secondo k.o. di fila. Legati, quello con la Lazio a questo, da un avvio timido e, dopo la frittata, tutti avanti. Persino Pogba.

Quel confine rosso(nero)

Roberto Beccantini13 April 2023

La dogana è il gol di Bennacer. Milan-Napoli è stata partita ruspante ed equilibrata, lontana anni luce dal macello del 2 aprile. Quarti di Champions: decisione martedì al Maradona, non si scappa. Senza Kim e Anguissa, squalificati; e chissà se con Osimhen o almeno Simeone. «Scherzi» del Diavolo.

Un pareggio avrebbe riassunto meglio le «stagioni» dell’ordalia, ma il calcio è questo: se fosse diverso, che gusto ci sarebbe? Scritto di un arbitro mediocre, per venti minuti solo Napoli. L’occasionissima di Kvara, sventata sulla linea da colui che l’aveva propiziata, Krunic, e un paio di missili (Anguissa, Zielinski) spolverati da Maignan. Pioggia, ritmo, tifo: il massimo.

La squadra di Spalletti ricorda un coltello con la lama piatta, dal fodero intarsiato d’avorio; il Milan di Pioli, un pugno pronto ad aprirsi. Gira, la sfida, sul coast to coast di un Leao finalmente Leao. Sentinelle sorprese, palla a fil di palo. Era il 25’. Lobotka, Anguissa e Zielinski, fin lì domatori di belve mansuete, colgono in quella nuvola di polvere l’eco di tartari incombenti. Si spaventano. Pressing non più feroce, Kvara sempre raddoppiato, Elmas molto «falso» e poco «nueve».

E’ Brahim Diaz, uscito in slalom fra i paletti di Lobotka e Mario Rui, a suggerire la ripartenza del destino. Tocco a Leao e da costui all’arrembante Bennacer. Lecca imprendibile. Via sull’onda, una mezza occasione di Tonali e la traversona di Kjaer.
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