Di corto musino in corto musino

Roberto Beccantini18 February 2023

Sassuolo-Napoli 0-2. Galleria d’arte moderna. Vogliamo parlare del gol di Kvara? Una pernacchia (di Totò) ai fanatici delle lavagne, ai fissati dei luoghi comuni. Di quello di Osimhen, il 18°, non parlo perché c’entra anche il portiere, al netto della fucilata «troppo» (forse) improvvisa. Ma i dribbling del georgiano, wuao: in quanti, da Coverciano a Fusignano, gli avranno urlato dietro «passala, ‘sta benedetta palla»? Viceversam dalla Continassa al gabbione di Livorno, un minuto di silenzio alla memoria.

** Monza-Milan 0-1. E’ il terzo consecutivo, per il Diavolo. Dopo Toro e Tottenhan. Con la difesa a tre e di corto musino in corto musino «Massimiliano» Pioli ha riparato un motore che, per la verità, «tossisce» ancora. Era il derby dell’amore, con le mascelle di Galliani a macerarsi in base a chi attaccava, se il passato o il presente. L’ha risolto Junior Messias, con un lampo. Campioni sciuponi, brianzoli mai domi. Poi, dal momento che il calcio è metà arte e metà riffa, ecco il tiro di Ciurria: palo, schiena di Tata, ancora palo, fuori. A Birmingham, in Aston Villa-Arsenal 2-4: lecca di Jorginho, traversa, schiena di Martinez, gol. E il celeberrimo torpedone di…? Sarà per un’altra carambola.

** Inter-Udinese 3-1. Di turnover e di fatica, come spesso capita nelle vigilie di Champions. Lukaku di rigore (il secondo, dopo che Silvestri gli aveva ribattuto il primo), pari di Lovric e, nella ripresa, tra erroracci assortiti (di Dzeko e di Success), il destro di Mkhitaryan, il migliore. Poi, dalla panchina, Lau-Toro: potrebbe farne due, in contropiede, ma si «accontenta» di uno. Ricapitolando: sfida fisica, con Inzaghi che recupera Brozovic e con Sottil che, invece, non ha ancora trovato l’erede di Deulofeu, ammesso che ce l’abbia (Thauvin?). C’erano Dzeko e Lukaku: sportellate y nada màs.

Lotta continua

Roberto Beccantini14 February 2023

La storia non basta, ma serve. Aiuta, come cantava e ammoniva Giorgio Gaber, «a buttare lì qualcosa». Torna la Champions e, dai fori cadenti del suo campionato, ecco il Milan che «repente si desta». Andata degli ottavi, 1-0 al Tottenham. Leggerete che l’ha vinta Pioli e persa Conte. Liberissimi. L’ha risolta Brahim Diaz, questo sì, con un gol-lampo su percussione di Theo e flipperate assortite di Forster, il portiere. Un episodio. Una sentenza.

L’ha meritata, il Diavolo, più vicino al raddoppio (con le crape di De Ketelaere e Thiaw) di quanto gli speroni non avessero sfiorato il pari. E’ stato un wrestling griffato, da vetrina di Monte Napoleone, un po’ hard e un po’ cool, senza i do di petto che mandano in estasi il loggione. Più di lotta che di governo, ovunque e comunque. Hanno menato, Kjaer e c., ma l’unico da rosso mi sembrava Romero (su Tonali).

A Pioli mancavano Ibra e Bennacer; a Conte, le colonne del centrocampo (Hojbjerg, Bentancur). Si è visto. Kane e altri dieci, mi verrebbe da dire: male Perisic (braccato da Saelemaekers), idem Kulusevski (atteso al varco da Theo) e Son (c’era una volta). Come avevano ipotizzato i vecchi saggi, il Milan ha sfondato soprattutto a sinistra, la destra degli Spurs. Non banale l’ancheggiare di Brahim Diaz, da Leao voglio di più; da Thiaw e Kjaer, viceversa, non mi aspettavo tanto. Guerrieri e sparvieri.

Partita povera di emozioni, con Tata chiuso per «mischia». Epperò le notti d’Europa, quando sferzate dall’eliminazione diretta, ti tengono sempre lì. In attesa di tartari che magari non arriveranno ma dei quali, in base alla passione, immagini, sinistro, lo scalpiccio. Per coach Stefano, è il secondo 1-0 consecutivo, segno che almeno la difesa risponde; per coach Antonio, un altro k.o. dopo la sbandata di Leicester e, in generale, un quadro sbiadito, non certo all’altezza del martellante Ego
Leggi tutto l’articolo…

Mi spezzo ma non mi spiego

Roberto Beccantini12 February 2023

Tra guelfi e juventini son sempre ordalie così, con gli episodi a frustare la trama. Anche stavolta. Per la sgrullata di Rabiot, su parabola dolce del Fideo, serve la goal line. Per annullare la rete di Vlahovic, al 58’, urge il fuorigioco semi-automatico. Idem per il pareggio di Castrovilli, all’89’, «complice» Ranieri, attivo (sin troppo) su Locatelli. Per il secondo giallo a Bonaventura, viceversa, sarebbe bastato «un» arbitro.

E allora, Juventus uno Fiorentina zero. Ha vinto chi ha tirato di più. Ha perso chi ha giocato di più: ma se non tiri mai, qualche sospetto dovrebbe sorgere. Allegri è questo, non vorrete mica che cambi in un frangente, tra parentesi, così delicato, così «intercettato». Kostic se n’è mangiati un paio, idem Kean quando ha sostituito Vlahovic: ma più che buone azioni, furono sgorbi dei condomini. Se vai sui numeri, nessun dubbio: Madama. Se, invece, ti aggrappi alle lavagne come le attrici dei film muti alle tendine, bé, insomma, coraggio.

Italiano era partito senza centravanti per poi chiudere con Jovic e Cabral. Max, in compenso, ha voluto fare l’americano. A Napoli sbandierò Di Maria, Kostic, Chiesa, Milik: e finì 5-1. Contro la Viola, evviva il tridente: Chiesa, Vlahovic, Kostic. Con Fede fuori dai giochi per un quarto d’ora e, quindi, inglobato nella catena di destra. L’audacia non sconfessa la difesa a tre – penso al Gasp di Lazio-Atalanta 0-2, che rumba – a patto di stare corti e di aggredire, cosa fatta solo per un tempo.

Alla ripresa, catenaccio y contropiede: e dal 75’ poi, tutti chiusi a chiave. Tra Vlahovic, Chiesa e gli ex sodali son volati
Leggi tutto l’articolo…