A gentile richiesta

Roberto Beccantini15 October 2014

Credo che la moviola in campo sia la droga leggera di quelli che si fanno di calcio. Fossi in Blatter, ma anche in Platini, che la detesta, la liberalizzerei: come hanno fatto con la marijuna in alcuni stati degli Usa. Ignoro quanto potrebbe aiutare gli arbitri, costretti a «vedere» un proprio errore ed, eventualmente, correggerlo. O quanto i tifosi, obbligati – chissà – a sopportare un abbaglio che immaginavano sarebbe stato corretto.

Proviamola. Sbrighiamoci. Dove la terna guarderà il video? Per quali episodi gli allenatori potranno chiederne l’impiego? Ci divertiremo. Preferisco la moviola alle classifiche delle moviole, che aggiungono o tolgono in nome del tifo più spudorato.

Esempio: 27’ del primo tempo di Juventus-Roma. Rocchi sanziona il rigore su Maicon. Garcia interviene. Moviola: braccio due centimetri fuori area, niente penalty. Perfetto. Dov’è il problema? Siete sicuri che avrebbe vinto la Roma?

Per fortuna, sono gli juventini veri a invocarla: un po’ meno di aiutini (non solo la Signora, non solo: tranquilli), un po’ più di fatica e, quando si sbarca in Europa, più fiducia in quello che resta da fare rispetto a quello che è stato fatto. Avanti così.

Voglio la moviola in campo anche perché penso a Francesco Totti. Con le sue basse insinuazioni, ha trattato la Juventus come trattò Rizzoli a Udine (vaffa eccetera). Là la fece franca, qui dipende da Palazzi. Li aspetto al varco.

Ma attenzione: Totti è la lingua che indica la luna. L’ultima luna è la moviola in campo. Andiamoci, una buona volta. Non so se sarà un grande passo per l’umanità, ma la storia della Juventus lo merita. Scusate: perché devo portarmi nella tomba il gol di Paloschi o il rigore su Ronaldo, perché? Platini è un parente agiato e romantico che visita un malato grave come l’Italia e le nega l’accanimento terapeutico. Invece io lo voglio.

La grande bruttezza

Roberto Beccantini13 October 2014

Ma come: al 27’ sei già in vantaggio di un gol (Pellè) e di un uomo (Mifsud, espulso) e non inserisci subito Giovinco, o comunque un attaccante? Vallo a capire, il Conte azzurro. L’1-0 a Malta riassume una delle più brutte prestazioni dell’Italia. Il 3-5-2 d’ordinanza, con quel Darmian metà terzino e metà boh, diventa un peso se l’avversario, 155° nel ranking Fifa, si chiude, Candreva non dribbla e la squadra porta palla al ritmo di una ninna nanna che, alla fine, addormenta la mamma e non il pargolo.

Al di là del gol di Pellè (il calcio italiano ha tante responsabilità, non quella però di averlo smarrito: fu lui a perdersi in provincia) e dei quattro legni (traverse di Pellè e Candreva, pali di Chiellini e Giovinco, anche stavolta il meno stanco e, dunque, il meno peggio), Gianni Brera avrebbe liquidato la partita alla voce «masturbatio grillorum». Impazzisco, quando il possesso palla finisce per essere il fine e non più un mezzo, come capitò con l’ultimo Prandelli.

In 45 minuti, dal rosso di Mifsud al rosso di Bonucci, esagerati, abbiamo passeggiato per il campo, letteralmente. Se non si vede lo «spirito dell’allenatore», di chi è la colpa: dell’allenatore, dei giocatori o dello spirito? Per la cronaca, e per la storia, la Croazia ha sbriciolato quell’Azerbaigian che, venerdì a Palermo, si era arreso soltanto alle testate di Chiellini: noi, 2-1; loro, 6-0. E il 16 novembre, a San Siro, ci sarà proprio Italia-Croazia.

C’è un limite a tutto, anche al fatto che con le piccole soffriamo sempre. I quattro cambi di Conte – su tutti, Verratti al posto di Pirlo – hanno certificato una progressiva involuzione. Mai un lampo, mai un tuono: se non su calcio d’angolo. Dicono che gli allenamenti di Conte siano troppi e siano «troppo». Mah. Un’Italia inguardabile, «agghiacciante».

E adesso si torna dentro. Il bordello riapre sabato. Mi raccomando: non scambiatevi i complotti, a ognuno il suo. Resistere, resistere, resistere.

Un po’ d’aria

Roberto Beccantini10 October 2014

Un po’ di calcio, finalmente. Briciole, monetine: poca roba, lo so. Ma calcio, perbacco, calcio normale, con le sue trame sghembe (che sofferenza, con l’Azerbaigian), i suoi tabellini buffi (testa di Chiellini, autogol della coppia Buffon-Chiellini, testa di Chiellini), i suoi improbabili nani della provvidenza (Giovinco, il mio cocco: un assist e una traversa).

Calcio. Lo scrivo con la stesso stupore con cui, immagino, le vedette di Cristoforo Colombo gridarono «terra». Un romanista, Florenzi, abbraccia uno juventino, Chiellini; uno juventino, Bonucci, dà il cinque a un interista, Ranocchia. E poi, Palermo. Un tifo caldo, generoso. Penso a Little Lions, Teodolinda, Salvadore: fieri della loro città e io fiero con loro.

L’ordalia viene dopo, confesso che non la facevo facile ma neppure così complicata. Si sapeva che Vogts-populi-vogts-dei avrebbe armato un catenaccio d’altri tempi, con un azero fisso su Pirlo. Il calcio esula da ogni convenzione e, spesso, da molte convinzioni. Puoi pareggiare anche senza tirare, basta uno sbuffo di vento, una «copula» tra stinchi, una parabola imbizzarrita.

Mai stati una gioiosa macchina da gol, gli italiani. Non che i soldatini di Conte abbiano preso sotto gamba gli avversari, tutt’altro, ma è proprio questo dettaglio – non averli sottovalutati – a rendere ancora più critica (e criticabile) la prestazione. Immobile e Zaza sono scesi sulla terra, abbiamo tirato poco e male, manca la fantasia che, al massimo, diventa geometria (di Pirlo).

Gli stenti aiutano a crescere. La partita, l’ha spaccata una riserva della Juventus, Giovinco. Ha avvicendato Florenzi, ha tagliato rivali cotti ma duri. L’importante era uscire dal bordello. Il tempo di una sigaretta, di una telefonata a casa. Tranquilli: lunedì c’è Malta e poi si torna dentro, tutti insieme.