La grande bruttezza

Roberto Beccantini13 October 2014

Ma come: al 27’ sei già in vantaggio di un gol (Pellè) e di un uomo (Mifsud, espulso) e non inserisci subito Giovinco, o comunque un attaccante? Vallo a capire, il Conte azzurro. L’1-0 a Malta riassume una delle più brutte prestazioni dell’Italia. Il 3-5-2 d’ordinanza, con quel Darmian metà terzino e metà boh, diventa un peso se l’avversario, 155° nel ranking Fifa, si chiude, Candreva non dribbla e la squadra porta palla al ritmo di una ninna nanna che, alla fine, addormenta la mamma e non il pargolo.

Al di là del gol di Pellè (il calcio italiano ha tante responsabilità, non quella però di averlo smarrito: fu lui a perdersi in provincia) e dei quattro legni (traverse di Pellè e Candreva, pali di Chiellini e Giovinco, anche stavolta il meno stanco e, dunque, il meno peggio), Gianni Brera avrebbe liquidato la partita alla voce «masturbatio grillorum». Impazzisco, quando il possesso palla finisce per essere il fine e non più un mezzo, come capitò con l’ultimo Prandelli.

In 45 minuti, dal rosso di Mifsud al rosso di Bonucci, esagerati, abbiamo passeggiato per il campo, letteralmente. Se non si vede lo «spirito dell’allenatore», di chi è la colpa: dell’allenatore, dei giocatori o dello spirito? Per la cronaca, e per la storia, la Croazia ha sbriciolato quell’Azerbaigian che, venerdì a Palermo, si era arreso soltanto alle testate di Chiellini: noi, 2-1; loro, 6-0. E il 16 novembre, a San Siro, ci sarà proprio Italia-Croazia.

C’è un limite a tutto, anche al fatto che con le piccole soffriamo sempre. I quattro cambi di Conte – su tutti, Verratti al posto di Pirlo – hanno certificato una progressiva involuzione. Mai un lampo, mai un tuono: se non su calcio d’angolo. Dicono che gli allenamenti di Conte siano troppi e siano «troppo». Mah. Un’Italia inguardabile, «agghiacciante».

E adesso si torna dentro. Il bordello riapre sabato. Mi raccomando: non scambiatevi i complotti, a ognuno il suo. Resistere, resistere, resistere.

Un po’ d’aria

Roberto Beccantini10 October 2014

Un po’ di calcio, finalmente. Briciole, monetine: poca roba, lo so. Ma calcio, perbacco, calcio normale, con le sue trame sghembe (che sofferenza, con l’Azerbaigian), i suoi tabellini buffi (testa di Chiellini, autogol della coppia Buffon-Chiellini, testa di Chiellini), i suoi improbabili nani della provvidenza (Giovinco, il mio cocco: un assist e una traversa).

Calcio. Lo scrivo con la stesso stupore con cui, immagino, le vedette di Cristoforo Colombo gridarono «terra». Un romanista, Florenzi, abbraccia uno juventino, Chiellini; uno juventino, Bonucci, dà il cinque a un interista, Ranocchia. E poi, Palermo. Un tifo caldo, generoso. Penso a Little Lions, Teodolinda, Salvadore: fieri della loro città e io fiero con loro.

L’ordalia viene dopo, confesso che non la facevo facile ma neppure così complicata. Si sapeva che Vogts-populi-vogts-dei avrebbe armato un catenaccio d’altri tempi, con un azero fisso su Pirlo. Il calcio esula da ogni convenzione e, spesso, da molte convinzioni. Puoi pareggiare anche senza tirare, basta uno sbuffo di vento, una «copula» tra stinchi, una parabola imbizzarrita.

Mai stati una gioiosa macchina da gol, gli italiani. Non che i soldatini di Conte abbiano preso sotto gamba gli avversari, tutt’altro, ma è proprio questo dettaglio – non averli sottovalutati – a rendere ancora più critica (e criticabile) la prestazione. Immobile e Zaza sono scesi sulla terra, abbiamo tirato poco e male, manca la fantasia che, al massimo, diventa geometria (di Pirlo).

Gli stenti aiutano a crescere. La partita, l’ha spaccata una riserva della Juventus, Giovinco. Ha avvicendato Florenzi, ha tagliato rivali cotti ma duri. L’importante era uscire dal bordello. Il tempo di una sigaretta, di una telefonata a casa. Tranquilli: lunedì c’è Malta e poi si torna dentro, tutti insieme.

Il silenzio

Roberto Beccantini8 October 2014

Il gentile Riccardo Ric chiede notizie del mio silenzio.

E’ un silenzio di centimetri, perché le coccole domestiche, ancorché non così plateali come denunciato dalle guardie (?), spingeranno la Juventus a immaginarsi, in Europa, più forte di quella che è.

E’ un silenzio rispettoso di quello, e di «quelle», che si agitano dietro le quinte.

E’ un silenzio di stanchezza: sempre gli stessi slogan, sempre le solite, volgari, insinuazioni (di capitan Totti, questa volta), sempre i soliti pistolotti (Francesco, fuori le prove); sempre le immancabili minchiate via twitter; sempre i soliti appelli: «Primario, ha sentito quel che ha detto Taormina?». No. Pallotta invece sì: well done.

E’ un silenzio dettato dalla coincidenza che non si parlava di moviola in campo da Juventus-Torino del 23 febbraio, e nessuno dei Pazienti l’ha notato. State perdendo dei colpi anche voi.

E’ un silenzio che non trovo corretto interrompere per sparare sulla Croce Rossa, al secolo Carlo Tavecchio. Le sua banane sì, sono uno scandalo, non certe pere: alcune di queste, al massimo, sono errori. E poi, bloccato Louise, c’è sempre Felpa.

E’ un silenzio dovuto al fatto che ho tempestato di telefonate l’entourage della Fifa per saperne di più sul gol di Bonucci: il fuorigioco di Vidal era o non era punibile? Lo so, la «Gazzetta» si era già pronunciata, ma mi è stato detto che non mi devo fidare dei giornali italiani.

E’ un silenzio di rottura perché credo che ci fosse ben poco da aggiungere all’accusa, in arrivo, di fare di ogni erba un fascio.

Conto i minuti che mi separano da Italia-Azerbaigian. In silenzio. Tanto, la fine è nota.