Diffido sempre delle partite in cui il migliore in campo è il mio pupillo, Sebastian Giovinco. D’altra parte, natura non facit saltus. In Europa, soprattutto. Per questo, prendo su e porto a casa. Era il quinto catenaccio (su cinque) che la Juventus ha dovuto demolire. Chievo, Udinese, Malmoe, Milan, Cesena: l’ha fatto con il gioco che le è proprio, meno ossessivo dell’era Conte, più palleggiato, più circolare (lento, l’ho già usato).
Vidal su rigore, Vidal dal limite, Lichtsteiner su tocco di Padoin. Questa volta, zero palle-gol concesse: un tiro di Marilungo, dal limite, e stop. L’avversario più tosto toccava alla Roma. Ho sbirciato solo i gol: splendida la punizione di Pjanic. E così, dodici punti a testa; e nel saldo gol, Juventus 7-0, Roma 7-1. Anche la scorsa stagione, curiosamente, la squadra di Garcia aveva subìto la prima rete proprio a Parma.
Il calendario impone dosaggi oculati. Allegri ha due punti in più di Conte. Sabato, Roma-Verona e Atalanta-Juventus. Poi Champions: Juventus a Madrid, sponda Atletico; Roma a Manchester, sponda City. Dopodiché, il 5 ottobre a Torino, lo scontro diretto.
Sono curioso di vedere la Juventus alle prese con squadre più coraggiose. Al Cesena ha riservato il solito trattamento a base di possesso sfiancante (talvolta, anche per me) e triangoli fin troppi elaborati, come se le direttive aziendali fossero di andare in porta con la palla. Certo, l’impressione di forza che trasmette in Italia è straordinaria. Se mai, contro difese così blindate non sarebbe disdicevole, penso, qualche cross alto per Llorente, drasticamente bandito dal catechismo di Allegri.
Ventun partite allo Juventus stadium, ventun vittorie: la saga continua. A differenza di Benitez, bersaglio dell’ira napoletana, Allegri e Garcia brindano al turnover. Si avvicina, intanto, il rientro di Pirlo. Dolcetto o scherzetto?