Un’ora sola ti vorrei

Roberto Beccantini2 February 2014

Dopo aver divorato la partita, la Juventus ha lasciato all’Inter le briciole, dalle quali Palacio avrebbe potuto estrarre i gol dell’1-1 e del 2-3. Sono cose che succedono quando perdi un pallone (Bonucci) o il senso della misura (Pogba). La mancia concessa da Conte a Vucinic appartiene alle scottature del mercato: due moccoli (miei) e un palo (suo).

Undici partite in casa, undici vittorie: 3-2 al Milan, 3-0 a Napoli e Roma, 3-1 all’Inter. Serve altro? Stramaccioni piazzò Palacio su Pirlo, e lo limitò. Mazzarri l’ha lasciato libero. Vi rimando all’assist per Lichtsteiner. E non solo a quello.

Non vince, l’Inter, dal derby del 22 dicembre. Sono ventisei i punti che la separano dalla capolista. Ci stanno tutti. Conte ha alternato i graffi e i morsi a ritirate scaltre. Ha mandato Tevez e Llorente a disturbare Kovacic e compagnia cantante. Ha pressato alto e forte: prova ne sia Asamoah contro Jonathan, una candelina spenta con un soffio. E poi, a braccio di ferro, non poteva finire che così, come è emerso dalle sportellate del secondo e terzo gol.

Lichtsteiner, Chiellini, Vidal (11 gol, come Tevez). Due difensori, un centrocampista: tabellino «antico», da prima Juventus di Conte. Il gol di Rolando è arrivato su calcio d’angolo, argomento su cui il mister farà bene a riflettere, Barzagli o non Barzagli.

Se non segna Palacio, all’Inter, il gol diventa una lotteria. Viceversa, se non segnano Tevez e Llorente, provvedono i supplenti. E’ una delle tante differenze. Hernanes porterà qualità; Osvaldo, sentieri alternativi.

La variabile Storari è stata nascosta sotto la compattezza del gruppo e la mediocrità altrui. Lo so che in Europa è un’altra musica, ma se mi dilungo anche le formiche, nel loro piccolo, eccetera eccetera.

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La bombetta

Roberto Beccantini1 February 2014

E’ stato un mercato mediatico, come spesso capita a gennaio, in linea con il grigiore dei tempi e i pruriti del popolo. Una sessione piena di baratti, di scarti, di «tu chiamale, se vuoi, occasioni». L’operazione più clamorosa è sfumata a furor di popolo: Vucinic-Guarin. Ecco qua le mie valutazioni.

JUVENTUS. Fuori dalla Champions e dalla Coppa Italia, la rosa «estiva» sarebbe stata più che sufficiente per far fronte agli obiettivi residui. Da Vucinic-Guarin a sei punte il passaggio è brusco, ermetico, anche se motivato dal dietro-front dell’Inter e dai rifiuti del montenegrino e Quagliarella. Osvaldo, dunque. Prestito gratuito, ingaggio ridotto con diritto (e non obbligo) di riscatto: una gallianata. Non ha detto che da ragazzo tifava Juventus: è già qualcosa. Sul piano tecnico, non si discute. Sono i nervi, se mai, a renderlo spesso ingestibile. A Torino, sono passati Sivori e Ibrahimovic: Conte se ne farà una ragione. Osvaldo from Southampton è proprio una «bombetta», come Balotelli: può esplodere sull’obiettivo ma anche in mano.

INTER. Mazzarri voleva Vucinic. Ciccia. Voleva Hernanes: Thohir l’ha accontentato. Venti milioni non sono pochi. Il brasiliano ha i colpi del campione, non ancora la continuità, il carisma. Senza esagerare con la propaganda, può giocare sia da regista arretrato sia alla Hamsik, dietro una o due punte. Credo che all’inizio si alternerà con Alvarez alle spalle di Palacio. A proposito di attaccanti: via Belfodil, sono rimasti Palacio, Milito, Icardi. L’Inter ha solo il campionato. Basteranno. Guarin: farei di tutto per recuperarne la potenza anarchica.

ROMA. Mosse di assestamento. Nainggolan mi piace, ma fra lui e Bradley oggettivamente cambia boco. Bastos, piuttosto: un’idea per la sinistra che, perso Balzaretti e bocciato Dodò, deve arrangiarsi con Torosidis.

Una lezione, a modo suo

Roberto Beccantini25 January 2014

Come una giacca che ognuno tira dalla sua parte. La Lazio ha colpito una traversa e un palo. La Juventus ha giocato in dieci dal 24’ del primo tempo. Fin lì, aveva nascosto la palla a tutti, anche a se stessa. Netto, il rigore, e corretto, il rosso, inflitti a Buffon. Già in precedenza, sempre su Klose, aveva rischiato un pasticciaccio alla Bertolacci. Li vorremmo tutti Nembo Kid, i nostri eroi in mutande, ma sono uomini anche loro.

Reja ha ridato serenità alla Lazio. Appartiene alla scuola italianista: per questo, ha atteso troppo nella caccia al raddoppio e quando ha inquadrato il bersaglio, gli è andata male. La capolista veniva dal k.o. di Coppa e dal caso Vucinic-Guarin. Era al completo, questa volta, con Marchisio al posto di Pirlo (per scelta). Il calcio è proprio buffo. Inserito Storari, bravo e fortunato sul tedesco, e tolto Asamoah, Conte non ha effettuato cambi. Giocava in dieci, mi sarei aspettato almeno Pirlo.

I fantasmi sono diventati i trascinatori: alludo a Llorente (nove gol, tutti su azione), Tevez, Vidal, Pogba. E’ stata una reazione d’orgoglio, non più razionale di quanto consentissero le risorse, il teatro, gli avversari. Già a Cagliari e con la Sampdoria la banalità del bene (otto reti) aveva nascosto certe crepe (tre reti, e potevano essere il doppio). Non tenderei a sottovalutare il penalty. Non è caduto dal pero, ma da un lancio verticale «letto» male da Ogbonna.

Una lezione, nei suoi eccessi. I pro: lo spirito, la voglia di forzare il destino. I contro: le amnesie in area, da Buffon al reparto, l’improvvisa dieta di occasioni. Il mercato chiude venerdì, Conte ha perso Vucinic: contento lui… Ci sta, dopo dodici vittorie, di alzare il piede dall’acceleratore. Il palpitante braccio di ferro con la Roma passerà, domenica sera, dal derby con l’Inter. Fuoco alle polveri.

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